Nel panorama immobiliare italiano, la possibilità di sfruttare una detrazione fiscale sull’acquisto di immobili ristrutturati sta diventando un elemento sempre più rilevante. Dietro questa agevolazione c’è la volontà di dare nuova vita al patrimonio edilizio già esistente, spingendo verso interventi di restauro e risanamento che migliorano la qualità delle costruzioni. Chi decide di investire in questo ambito – sia per passione, sia per lavoro – si trova davanti a regole complesse e requisiti tecnici specifici, indispensabili per beneficiare davvero delle detrazioni. Non basta comprare un immobile: contano i tempi, le modalità, la documentazione. Aspetti che, come chi vive in città sa bene, influenzano direttamente l’efficacia delle agevolazioni, e si vedono nelle continue trasformazioni urbane, nei cantieri aperti e nei nuovi modelli di investimento immobiliare.
Come funziona la detrazione sull’acquisto di immobili ristrutturati e chi può usufruirne
La detrazione fiscale relativa all’acquisto di unità immobiliari in edifici ristrutturati riguarda soprattutto chi compra da imprese o cooperative che hanno ultimato lavori di restauro o risanamento – e che vendono o assegnano l’immobile entro 18 mesi dalla fine dei lavori. Il beneficio… 25% del prezzo di vendita o di assegnazione, con un tetto massimo di 96.000 euro per ogni unità. Tradotto in soldi: si può arrivare fino a 48.000 euro di detrazione.

Con il passare del tempo, la percentuale cambia: nei primi due anni dal momento dell’acquisto, è fissata al 36%, poi scende al 30%. Ma ci sono eccezioni: chi trasforma l’immobile in propria abitazione principale e prova le spese effettive può arrivare al 50% per un periodo limitato, per poi stabilizzarsi al 36%. Il valore totale? Ripartito in 10 quote annuali di pari importo, un dettaglio da considerare per chi vuole capire il ritorno economico dell’investimento.
La norma si applica a edifici sottoposti a lavori di ristrutturazione edilizia che interessano la struttura completa, completati secondo i tempi di legge. L’acquisto, altrimenti, oltre il limite temporale previsto, farà saltare l’agevolazione. Spesso è un punto sottovalutato, ma chi compra fuori tempo perde il diritto alla detrazione.
Condizioni e documentazione necessaria per usufruire del bonus
Chi vuole accedere a questo sconto fiscale deve rispettare regole precise su lavori e tempistiche. Prima cosa: l’intero edificio deve aver vissuto un intervento – restauro, risanamento conservativo o ristrutturazione edilizia – fatto dall’impresa o dalla cooperativa che vende. È necessario poi che la compravendita dell’unità abitativa avvenga entro 18 mesi dal termine dei lavori. Un limite che fa la differenza soprattutto in mercati dinamici, come quello delle grandi città.
L’acquirente deve anche tener conto che la stessa impresa potrebbe aver già usufruito di altre agevolazioni – relative a interventi per l’efficienza energetica o adeguamenti antisismici. In questo scenario, la detrazione sul prezzo di vendita rimane separata da quelle su miglioramenti energetici o strutturali, il che – diciamo – a volte significa poter sommare più bonus. Ma occhio, perché non sempre è scontato.
Dal lato documentazione, il passaggio fondamentale riguarda la registrazione preliminare o tramite rogito dell’acquisto, da completare prima di presentare la dichiarazione dei redditi. A differenza di altre agevolazioni edilizie, qui non serve per forza il pagamento tramite bonifico bancario: dettaglio non da poco, visto che semplifica la procedura per molti. Attenzione però, perché la gestione resta sotto stretta verifica, per evitare – come spesso capita – qualche problema fiscale in futuro. E chi segue i lavori nelle città nota un continuo affinamento delle pratiche amministrative legate a queste agevolazioni.
Interventi ammessi e modalità di calcolo della detrazione
La detrazione copre solo certi lavori edilizi, in particolare il restauro e risanamento conservativo, che mantiene la struttura di base migliorando sicurezza ed efficienza, e la ristrutturazione edilizia, che può comprendere anche demolizioni parziali, ricostruzioni, interventi antisismici o energetici. Vanno considerate solo le spese relative alla parte esistente dell’immobile – gli ampliamenti, invece, restano fuori dal beneficio fiscale.
Serve quindi documentazione precisa, soprattutto per distinguere gli interventi di ristrutturazione da quelli per nuove costruzioni, che non possono godere della detrazione. Qui, dichiarazioni dettagliate da parte dell’impresa o di tecnici abilitati aiutano molto – specie per evitare errori nella stima dei costi.
Il valore su cui si calcola la detrazione corrisponde al 25% del prezzo di vendita o di assegnazione, con IVA inclusa. Per esempio: se un immobile viene acquistato a 200.000 euro, la base per la detrazione sarà di 50.000 euro. Considerando l’aliquota – che può arrivare al 50% se è l’abitazione principale – si arriva a un vantaggio fiscale massimo di 25.000 euro. Dettaglio non sempre subito chiaro e che invece fa la differenza in concreto per valutare il beneficio.
Un altro punto da considerare riguarda proprio l’abitazione principale: chi intende sfruttare la detrazione più alta deve dichiarare nell’atto di acquisto l’impegno a fare dell’immobile la propria casa principale entro l’anno fiscale. Un vincolo che sarà controllato e che incide sull’importo finale. Chi investe nel settore lo sa bene: va seguito passo passo.
