Il preliminare di riacquisto non impedisce la decadenza fiscale per la prima casa: cosa sapere

Il preliminare di riacquisto non impedisce la decadenza fiscale per la prima casa: cosa sapere

Franco Vallesi

Dicembre 21, 2025

Chi decide di vendere la prima casa spesso crede che basti il contratto preliminare per non perdere le agevolazioni fiscali collegate. In realtà, l’Agenzia delle Entrate ha rimarcato che l’atto definitivo – il rogito – deve essere stipulato entro scadenze precise. È un dettaglio che, se ignorato, può costare caro: sanzioni e la perdita dei benefici fiscali sono dietro l’angolo. Insomma, chi si muove nel mercato immobiliare deve farci i conti.

Il valore effettivo del preliminare nell’acquisto della prima casa

Il preliminare funziona come una tappa preliminare imprescindibile nelle trattative d’acquisto, sì, ma la sua registrazione da sola non garantisce l’agevolazione prima casa. La realtà? Il passaggio di proprietà deve avvenire con il rogito notarile. L’Agenzia delle Entrate l’ha ribadito più volte, confermando regole ormai note ma sempre utili da ricordare.

Il preliminare di riacquisto non impedisce la decadenza fiscale per la prima casa: cosa sapere
Il logo dell’Agenzia delle Entrate, istituzione chiave per le agevolazioni fiscali sulla prima casa, qui richiamato nell’articolo. – databaseimmobiliareitaliano.it

Il tempo massimo per chiudere l’atto definitivo resta fissato a 12 mesi dalla vendita dell’immobile originario, anche se la legge di bilancio 2025 ha introdotto qualche novità per quanto riguarda i tempi di rivendita dell’immobile preposseduto. Ora si parla di due anni, ma attenzione: questa estensione non si applica al riacquisto necessario per mantenere le agevolazioni. Insomma, il preliminare serve a preparare il terreno, non a chiudere la partita fiscale.

Non pochi – sbagliando – sottovalutano questo dettaglio. Perdere l’agevolazione prima casa significa veder scattare imposte ordinarie con sanzioni da non trascurare, salvo qualche possibilità di ravvedimento, ma quella è un’altra storia.

Le modifiche normative e la rigidità delle scadenze

Negli ultimi tempi le norme sulle agevolazioni immobiliari sono cambiate un po’. Il riferimento principale è alla nuova estensione a due anni, per la rivendita dell’immobile preposseduto – che però riguarda solo la cessione dell’immobile superfluo, non il riacquisto che permette di conservare il beneficio sulla prima casa.

Il termine di dodici mesi per chiudere la nuova compravendita resta fermo. E non si può forzare il senso della norma, con interpretazioni flessibili o “alla buona”. La legge distingue con nettezza i tempi e le procedure da rispettare, e nel caos burocratico che spesso accompagna gli affari immobiliari, questo è un punto da tener bene a mente.

Se il rogito arriva tardi, il “ravvedimento operoso” viene incontro – con qualche sacrificio: si deve saldare il dovuto, interessi e sanzioni ridotte. Comunque, meglio non affidarsi a questa scorciatoia più del necessario.

Implicazioni pratiche per compratori e venditori

Nel mercato immobiliare italiano chiunque deve sapere di questa distinzione – spesso poco chiara. Molti si convincono che il preliminare basti a bloccare le agevolazioni fiscali. Ma la verità è che il rogito va fatto entro dodici mesi dall’alienazione dell’immobile originario, per non perdere il beneficio. Non c’è altra strada.

Coordinare tempi e scadenze può diventare un casino, specie in certe città grandi come Roma o Milano, dove pratiche e lungaggini non mancano. Serve una pianificazione stringente dall’inizio alla fine, rispettando norme che non ammettono troppi scherzi.

Chi vive all’estero, iscritto all’AIRE, sa bene che le agevolazioni prima casa valgono pure per chi compra in Comune dove ha residenza o attività di studio o lavoro – dettaglio non da poco, conferma una certa attenzione legislativa verso casi particolari.

Insomma, con poca elasticità da parte delle regole, ignorarle espone a rischi pesanti. Operatori e acquirenti devono essere preparati – altrimenti, sorpresa amara.

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